La situazione dell’ambiente e della salute a Taranto è nuovamente alla ribalta, con la pubblicazione del V Rapporto Sentieri, l’apertura della revisione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) dell’acciaieria ArcelorMittal ex-ILVA, l’incarico da parte della Regione Puglia all’ufficio di Bonn dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di approfondimenti.
Non c’è dubbio che si tratta di una delle aree in Italia in cui si sono accumulate il maggior numero di conoscenze su ambiente e salute, aggiornate e con metodi di studio avanzati.
Sappiamo molto su ciò che è accaduto nell’area industriale più vasta, complessa e impattante sulla salute degli abitanti, e attraverso le valutazioni di impatto sulla salute anche su cosa ci si può attendere nei prossimi anni attuando scenari diversi. Meno sappiamo, perché meno è stato fatto in modo pianificato, su come mettere in fase le evidenze scientifiche con le decisioni e su come governare il rischio.
Nel caso di Taranto e nell’esperienza maturata nelle molte aree a rischio italiane dove come CNR abbiamo lavorato insieme ad altri Enti nazionali, regionali e locali, l’elemento centrale per comunicare in modo corretto e rispettoso ai soggetti coinvolti negli studi i risultati conseguiti è stato la possibilità di entrare in contatto con le comunità locali, analizzare la percezione dei rischi, l’atteggiamento nei confronti delle istituzioni e i canali informativi.
Infatti, per indirizzare la gestione del rischio assume un ruolo centrale il binomio partecipazione-comunicazione, che non può essere dissociato da come e quanto i rischi sono misurati e percepiti.
Comprendere lo stato di salute di comunità in aree fortemente inquinate comporta una responsabilità etica per i ricercatori, che vedono con chiarezza sempre maggiore il delinearsi un problema di giustizia ambientale. Sempre più spesso si verifica però, ed è confermato da studi scientifici, che nelle aree più inquinate abitano persone con stato socio-economico più deprivato, e che hanno anche minori strumenti per incidere sulla propria realtà e per cambiarla: una problematica che non è possibile disconoscere o sottovalutare.
Far capire bene i risultati di uno studio scientifico su ambiente e salute è quindi il primo passo, ma perché questo contribuisca a migliorare la situazione c’è bisogno di istituzioni attive, disponibili, e in grado di capire la portata del lavoro rispetto alle necessità del momento.
Negli ultimi anni gli studi di epidemiologia ambientale, come SENTIERI, hanno contribuito a dare elementi per capire le aree più inquinate e dove le persone stanno male ora e l’inquinamento dovrebbe essere eliminato o diminuito. Sono stati effettuati studi sulla distribuzione geografica dei danni sanitari e sulle loro cause, campagne di biomonitoraggio, e sono state anche effettuate valutazioni di impatto sulla salute per capire cosa succederà domani in termini di malattie e mortalità nell’ambito di AIA e di valutazioni di impatto ambientale (VIA).
È sempre più chiaro che, per fare in modo che i cittadini siano maggiormente consapevoli della propria situazione in tema di salute legata all’ambiente e che possano contribuire in modo consapevole alle scelte produttive e al destino del proprio territorio (alle scelte politiche), devono poter accedere alle conoscenze che sono disponibili e scegliere, assieme ai ricercatori, in quali direzioni deve approfondirsi l’analisi scientifica, definendo bene i motivi della scelta e l’utilizzo che verrà fatto dei risultati.
Studi partecipati significa effettuati insieme a cittadini singoli e associati a partire dalla progettazione, rendendo esplicite le motivazioni della scelta di un disegno di studio piuttosto di un altro, di cosa ci si può e cosa non ci si deve attendere dallo studio, di come sono stati scelti gli esecutori e i portatori di interessi, fino alla necessaria esplicitazione dei conflitti di interesse.
Un percorso partecipato è senza dubbio più complesso e oneroso ma può essere molto più efficace proprio perché condiviso dai presupposti alle conclusioni.
Gli strumenti della partecipazione pubblica alle ricerche esistono, e sono ben consolidati negli Stati Uniti e in misura minore in Europa, ancora deboli in Italia, ma possono anche beneficiare dell’esperienza maturata in diverse regioni italiane (anche in Puglia) che si sono dotate di leggi sulla partecipazione, nonché del recente Regolamento sul dibattito pubblico, entrato in vigore il 24 agosto 2018 in attuazione dell’articolo 22 (comma 2) del Codice dei contratti pubblici (18 aprile 2016, n. 50, modificato dal decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56).
Queste opzioni sono basate su molta letteratura scientifica e sull’esperienza acquisita anche in Italia, inclusa Taranto. In studi campionari da noi effettuati su studenti di scuole inferiori e superiori di quattro aree italiane tra cui Taranto (Progetto LIFE GIOCONDA), e di adulti partecipanti ad un biomonitoraggio sull’arsenico in quattro aree italiane, inclusa Taranto (Progetto CCM SEPIAS), la percezione del rischio per l’ambiente e per la propria salute è risultata sempre più elevata a Taranto rispetto ad altre aree, sia tra i giovani che tra gli adulti.
Partecipazione, comunicazione e governo del rischio sono temi centrali in un area impattata come Taranto, dove le conoscenze sedimentate sono ormai tante e dove c’è molta cittadinanza consapevole e matura.
Fabrizio Bianchi e Liliana Cori, Unità di Epidemiologia ambientale e registri di patologia Istituto di Fisiologia Clinica del CNR, Pisa